Testimonianze
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RICORDO DI VITO FRAZZI
di Mario Schiavo Via Mannelli - un tratto della Firenze quasi periferica a quel tempo - parallela e finitima con la stazione ferroviaria di Campo di Marte. Sobbalzare di convogli in transito e stridii acutissimi sugli scambi; poi la quiete fra i quartieri isolati dove giungeva il fresco zèffiro calante dalla collina di Fiesole o dal poggio di Vincigliata. Circa cinquant'anni fa! Varcavo per la prima volta l'uscio di casa del Maestro Vito Frazzi ed ero giovanilmente emozionato e confuso: confuso perché vestivo in "grigio verde" (da poco militare di leva, con l'inevitabile interruzione degli studi musicali), però anche fiducioso di essere ricevuto ed aiutato da un musicista di gran valore a cui mi affidava la presentazione del mio insegnante di Salerno, questi già alunno del Maestro Frazzi all'Accademia Chigiana di Siena. Era un momento molto difficile della mia vita, una svolta determinante per la prosecuzione di una carriera intrapresa con tanti sacrifici: si trattava di poter ottenere, previo esame di ammissione, l'iscrizione al Conservatorio "Cherubini" nel Corso superiore di pianoforte principale e in quello Medio di composizione. Col colloquio che seguì scomparvero tutte le ansietà, i timori e gli impacci; mi trovai di fronte ad un Uomo che aveva lo sguardo di chi si sarebbe detto conosciuto da tempo, che sciolse le difficoltà con un fare direi paterno (per nulla a che vedere coi tratti del docente paludato), sorridente quasi per dirmi - svelandosi - di aver avuto pure lui, da ragazzo, molte ristrettezze e cullato aspirazioni impossibili; insomma mi faceva capire di prestar fiducia in un "napoletanino" non infingardo... dotato (mi aveva sottoposto a un meticoloso interrogatorio) di promettenti capacità. Ebbi l'ammissione nelle classi di Nardi per il pianoforte e di Cicionesi per la composizione. Ma l'interessamento del Maestro Frazzi non finì qui: diplomato in pianoforte nel '39, egli continuò a seguirmi sia informandosi spesso sul profitto degli studi in armonia e contrappunto, sia col segnalarmi, con molta stima, per incarichi di pianista, alcuni di questi veramente provvidenziali all'epoca ed anche suscettibili di pratiche esperienze nel campo artistico-professionale. Poi la guerra ...! Dopo, un seguito di avvenimenti propizi, lusinghieri o incomprensibilmente contrastati per le mutate situazioni ambientali ... una carambola di vicende con successivi anni di isolamento e dispersioni di cui ciascuno ne porta il ricordo, amaro o sereno, a seconda della propria coscienza! Ma, nonostante tutto, anche quando ciascuno ha dovuto scegliere la propria strada, oggi - nella ricorrenza centenaria della nascita del Maestro Frazzi - non c'è che riconoscersi nella sua grande lezione che ci ha lasciato, soprattutto di Umanità e di Arte. Vorrei che ci si incontrasse con quello spirito e con quell'entusiasmo, con la spontanea ammirazione come quando potemmo essere presenti alla "prima", nel lontano 1939, della sua magnifica opera "Re Lear". Può darsi che altri abbiano scritto o scriveranno cose migliori sulla personalità artistica - di compositore e didatta - del musicista di San Secondo: ed è giusto che sia così; ma si metta anche in buon conto (sommessamente dico, oltre quanto di più intimo ho scritto) ciò che di inedito, forse, può essere ricordato del Maestro Frazzi e che fa meditare... Son due riporti dalla vecchia "Rassegna Dorica" che meritano essere riletti per meglio identificare la Figura del Nostro. Il primo, del dicembre 1933, riguarda una nota critica da Siena (a firma di Baldo Brandi) riferita alla prima esecuzione del Quartetto di Frazzi. La riassumiamo: "Dobbiamo subito dire che, grazie a Dio, il quartetto del Frazzi è una composizione moderna che si può ascoltare senza doverci ad ogni poco divincolare alle stonature di dissonanze o di elucubrazioni armoniche, di contrappunti barbari che lasciano sempre perplessi se si debba lapidare il compositore o l'esecutore. Il quartetto, per quanto modernamente concepito, non deroga da quella forma classica di cui tutti i più grandi compositori ci hanno lasciato esempi immortali. Ed anche in questo il Frazzi ha dimostrato di essere in possesso di una profonda tecnica. A ciò si aggiunga la nobiltà dell'ispirazione, la chiarezza delle idee melodiche, lo svolgimento sempre naturale e spontaneo e avremmo ragione di dire come la nostra prima impressione non possa essere stata che molto piacevole e oltremodo lusinghiera". Il secondo, è una citazione di una risposta che lo stesso Maestro Frazzi dà ad un "Referendum sullo studio della composizione" (febbr. 1934), una idea per ieri ma anche per oggi e che afferma: "In ogni modo anche così com'è il programma d'esame non potrà mai impedire che dalla scuola escano, come sempre sono usciti, buoni musicisti e il maestro tenga presente il suo compito e la sua missione che non si limita soltanto a insegnare, ma anche a stimolare nell'allievo l'amore all'arte e il rispetto per i nostri Padri, che tanto più sono grandi quanto più hanno saputo spogliare questo amore di tutte le vanità e ci insegnano con l'esempio che il fuoco sacro che brucia e consuma riscaldando l'umanità va tenuto vivo e acceso anche attraverso a tutti i sacrifici e a tutte le asperità della vita". Ogni commento è superfluo a quest'ultimo messaggio morale del Maestro Frazzi. Semmai c'è da domandarsi: quanti maestri di Conservatorio ancora la pensano così?
M. Schiavo - Ricordo di Vito Frazzi
(da: Omaggio a Vito Frazzi 1888 - 1988) |